Recensione Honda NSX 2020: strizzando l’occhio alle vetture italiane

Facebook
WhatsApp
Telegram

Oggi parliamo della storia di un modello rivoluzionario, con il compito di accorciare il divario tecnico tra le semplici vetturette costruite dalla Honda per noi “comuni mortali” e gli stratosferici successi ottenute in F1 grazie a mix vincenti di tecnica ed affidabilità: la Honda NSX, la Supercar più affidabile di tutte.

Questo modello, che oggi fa sognare ancora milioni di appassionati, richiama alla mente dei più fanatici un video in cui il leggendario Ayrton Senna si rendeva protagonista di un favoloso cameracar dell’epoca con tanto di calzini bianchi e mocassini, facendoci salire brividi lungo la schiena ad ogni accelerazione e o scalata.

In casa Honda mancava una vera sportiva dal precedente modello S360 e, dopo ventotto anni, i meticolosi tecnici giapponesi si sono messi al lavoro, non solo per creare una vera sportiva che derivasse e rispecchiasse le vittorie e le energie spese in F1, ma che fosse al contempo un’auto da poter presentare sul pignolo mercato europeo, non troppo incline a considerare le vetture asiatiche come sportive di razza.
Così, con tutti questi buoni propositi, uniti alla meticolosità ed al profuso impegno giapponese, nasce la NSX, una vettura così vicina ed al tempo stesso lontana dalla filosofia HONDA; una vettura capace di incarnare i principi di solidità ed affidabilità in un’inedita veste sportiva con motore centrale e trazione posteriore, telaio completamente in alluminio e soluzioni tecniche molto avanzate.

Vedi gli scarichi sportivi per Honda

Parliamo del 1989, quando questa auto venne fatta testare a due piloti di F1 (uno dei quali era Senna appunto) per spremere a fondo le sue doti, prestando al contempo attenzione a quei sottilissimi dettagli tecnici che solo i più esperti hanno la sensibilità di cogliere, ma che determinano il successo di una vettura del segmento. Senna consigliò di irrigidire il telaio, per cui Honda optò per l’inedita costruzione in alluminio, risparmiando 220kg da un acciaio tradizionale. Così questa Honda veniva presentata con soluzioni al top per l’epoca, tanto quanto inedite, come un Controllo di Trazione che aiutava a scaricare la potenza sul bagnato ed al contempo permetteva delle derapate di potenza seppur “controllate” e controllabili dal pilota; inoltre servosterzo elettronico ed un sistema ABS o chiamato allora da Honda ALB (anti lock breaking) per consentire a quest’auto a motore centrale di non scomporsi anche durante le frenate a metà curva, senza dimenticare gli Airbags SRS.

Honda era orgogliosa di questo capolavoro, anche perché aveva raggiunto l’obiettivo di costruire un’auto sportiva e sicura allo stesso tempo, con degli angoli di visuale inediti per questo tipo di vetture, derivanti dallo studio dei cockpit degli F-16 e soluzioni aerodinamiche avanzate. Un progetto dove chiaramente ogni singola forma era al servizio della funzione con l’unico obiettivo del risultato. Come ciliegina sulla torta non poteva mancare un duro affinamento sul famigerato “inferno verde”.

L’affidabilità e la potenza del VTec 3.0 V6 con bielle in titanio, aspirato, che sprigionava 270 cavalli non era tuttavia considerato in Europa al pari dei V8 di altre marche, una su tutte Ferrari, anche se l’ago della bilancia per soluzioni innovative, tecnologia e tecnica, pendeva significativamente dalla parte della nipponica. Il design era anch’esso molto originale, partendo da un progetto del 1984 originariamente commissionato a Pininfarina e poi ulteriormente sviluppato, lasciandola un’auto incompresa ai più per molto tempo. Comparando la prima serie della NSX alla Ferrari 348 della stessa epoca, la Honda sembrava una macchina del tempo che avrebbe anticipato il futuro: ma era tutto vero, l’auto era già lì. Senza dimenticare poi che la Honda non destinò una produzione in catena di montaggio per questa serie limitata, ma gli dedicò uno stabilimento dove tutte le operazioni venivano curate a mano, dalla prima all’ultima, da 200 tecnici, selezionati tra i migliori, per garantire una perfezione che le macchine non erano in grado di adempiere. 


Come sempre il mercato europeo va convinto da un design, da una tradizione aziendale di successi prima ancora che dalla tecnica e dall’affidabilità, e questa NSX anticipava troppo i tempi, risultando forse troppo lontana da quello che il pubblico era in grado di comprendere. Non c’è da meravigliarsi che venisse scimmiottata come brutta copia della 911 e se rossa, della “rossa” italiana per eccellenza  Questa storia è molto interessante Honda doveva fare un primo passo nella direzione di auto sportive, e lo fece come meglio poteva, superando anche colossi e grandi marchi che vantavano sulla carta un DNA più “puro” per questo genere di cose. Ma si sa che la storia, a volte, da ragione ai temerari, ed oggi la NSX è un’auto apprezzata da molti, un’auto dalla linea singolare che nonostante rimase in produzione per più di 15 anni, fatica tutt’ora ad invecchiare: un evergreen. Pensiamo anche che nel progettare la McLaren F1, la NSX è stata presa come riferimento per guidabilità ed affidabilità, considerata meglio di Porsche, Lamborghini e Ferrari. Dopo una pausa di riflessione, in Giappone hanno voluto rinfrescare il progetto, ovviamente in chiave HONDA, con nuove tecnologie e soluzioni tecniche all’avanguardia. 

 

Altri articoli